Maria in Dante, secondo Papa Francesco – don Pasquale Iacobone

Nella Lettera Apostolica di Papa Francesco Candor lucis aeternae, pubblicata il 25 marzo scorso, in occasione del VII Centenario della morte di Dante Alighieri, un paragrafo è significativamente dedicato alle “tre donne della Commedia”, Maria, la Madre di Dio, S. Lucia e Beatrice. In questo mese di maggio, tradizionalmente dedicato alla Madonna, le parole del Papa e la poesia di Dante ci aiutano a comprendere ancora meglio la bellezza di Maria.
“Nell’opera di Dante troviamo un bel trattato di mariologia: con accenti lirici altissimi, particolarmente nella preghiera pronunciata da San Bernardo, egli sintetizza tutta la riflessione teologica su Maria e sulla sua partecipazione al mistero di Dio: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio, / tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ’l suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura» (Par. XXXIII, 1-6). L’ossimoro iniziale e il susseguirsi di termini antitetici evidenziano l’originalità della figura di Maria, la sua singolare bellezza. Sempre San Bernardo, mostrando i beati collocati nella mistica rosa, invita Dante a contemplare Maria, che ha dato le sembianze umane al Verbo Incarnato: «Riguarda omai ne la faccia che a Cristo / più si somiglia, ché la sua chiarezza / sola ti può disporre a veder Cristo» (Par. XXXII, 85-87). Il mistero dell’Incarnazione è ancora una volta evocato dalla presenza dell’Arcangelo Gabriele. Dante interroga San Bernardo: «Qual è quell’angel che con tanto gioco / guarda ne li occhi la nostra regina, / innamorato sì che par di foco?» (103-105); e quegli risponde: «elli è quelli che portò la palma / giuso a Maria, quando ’l Figliuol di Dio / carcar si volse de la nostra salma» (112-114). Il riferimento a Maria è costante in tutta la Divina Commedia. Lungo il percorso nel Purgatorio, è il modello delle virtù che si contrappongono ai vizi; è la stella del mattino che aiuta a uscire dalla selva oscura per incamminarsi verso il monte di Dio; è la presenza costante, attraverso la sua invocazione – «il nome del bel fior ch’io sempre invoco / e mane e sera» (Par. XXIII, 88-89) – che prepara all’incontro con Cristo e col mistero di Dio” (Candor lucis aeternae, 7).