PENSIERI NEL RICORDO DI UN AMICO – Enrico Lugas

Una delle forme con cui il Mistero si fa presente all’uomo e lo raggiunge in modo indissolubile a sé è attraverso la testimonianza di coloro che vivono intimamente legati a Lui come il tralcio alla vite (Gv 15,5), in cui ogni gesto e ogni parola sono mossi e alimentati dalla linfa del Suo amore e ne rappresentano il segno della Sua presenza. È infatti attraverso i testimoni, stando alla loro sequela, per il fascino della loro vita, degna di essere vissuta, perché aperta ultimamente alla Speranza che va oltre la morte e l’annichilimento del corpo, che la fede si perpetua con la sua credibilità. A chi il Mistero ha dato la grazia (un termine questo che è andato in disuso nel lessico usuale contemporaneo, sostituito dal termine “fortuna” che non ne traduce pienamente il senso) di incontrare e conoscere un amico come Palmerio, di condividere con lui momenti di vita, gli ha voluto ultimamente offrire il dono della Sua presenza, attraverso il fascino di una vita vissuta nella semplicità radicata, paradossalmente, nella profonda conoscenza del suo fine ultimo a cui si era conformato: conoscere, amare e servire Dio in questa vita per goderlo eternamente nella vita futura dopo la morte. Egli è stato tra coloro che si pongono nel rapporto con la realtà non unicamente sul piano fisico-materiale ma su un piano che va oltre il contingente, lo interpreta come creatura chiamata alla vita da un disegno provvidenziale di amore e lo trascende: tutto in lui era riverbero di questa verità che spingeva e richiamava gli altri ad assaporare il gusto delle cose semplici che per lui erano essenziali. Sapeva in questo modo rapportarsi con tutti, con ogni categoria di persone, con gli intellettuali e con i meno colti, con i ricchi e i meno abbienti, avendo una predilezione particolare per i poveri e i bisognosi. Conosceva bene l’arte del farsi stimare da tutti: da buon allievo di Don Bosco era riuscito a cogliere e a tradurre praticamente il suo invito ad entrare in empatia col prossimo.
Palmerio Sanna, questa era la sua identità anagrafica, era nato il 2 marzo 1927 a Ghilarza, un paese dell’alto oristanese, dove è vissuto da bambino nel contesto di una società a economia agropastorale. È stato allievo di Don Bosco a Penango negli anni 1943-1946, anni difficili per i pericoli e le difficoltà derivate dalla guerra in atto, per la quale gli allievi, dopo l’armistizio, furono trasferiti a Gaeta. Rientrato a Ghilarza con i segni postumi lasciati inevitabilmente dagli avvenimenti drammatici in un animo particolarmente sensibile, passò del tempo a riprendersi nella condizione di normalità e ad avviarsi verso la vocazione per cui sentiva di essere chiamato: l’insegnamento. Laureatosi in pedagogia, successivamente ha ricoperto per 25 anni l’incarico di Direttore didattico nella provincia di Oristano. Andato in pensione, si è dedicato agli studi in teologia laureandosi col massimo dei voti e, nel tempo libero, ha avviato con la moglie Ofelia delle opere di assistenza volontaria verso i bisognosi: attività che ha dovuto interrompere per cause di salute, sopraggiunte qualche anno prima di salire in Cielo, il 16 maggio 2021. La sua vita la sentiva legata provvidenzialmente a Don Bosco, che considerava il più grande pedagogo del XIX secolo e per il quale nutriva una stima riconoscente per i tanti benefici ricevuti da lui. Il suo rammarico era la lontananza che lo divideva dai rapporti diretti e prossimi col mondo salesiano. Quando poteva, però, non mancava mai agli incontri regionali degli exallievi, con una partecipazione attiva e carica di proposte costruttive in uno spirito di fraternità. Si era reso atteso anche alle vacanze di Gressoney dove, in quelle volte che era venuto, aveva saputo irradiare il fascino di una personalità unica per humour e simpatia. Mi piace ricordare, in ultimo, ciò che diceva quando veniva a Gressoney, entrando nella casa e dirigendosi verso la cappellina del Santissimo: “Innanzitutto salutiamo il Padrone di casa”, che per me rappresentava la sintesi di un trattato socio-pedagogico-morale. Terrò sempre vivi nel cuore, come un tesoro, questi ricordi del mio amico Palmerio. Grazie!