Provo a offrirvi una pagina biblica che mi sembra dica alcune delle dinamiche sulle quali Gesù ci vuole appassionare, vuole appassionare i discepoli al suo stesso sguardo nei confronti dell’umanità.

Dal Vangelo di Marco, capitolo 6:

“Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci». Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.”

Questa pagina, è esemplare rispetto al desiderio di Cristo di coinvolgerci nel suo modo fraterno di guardare agli altri e alle altre, la compassione che lo divora che lo rafforza, che parte dal basso dalle viscere e che vuole possa essere un’esperienza nella quale appassionare anche i discepoli. Perché è questa la fonte della carità che dal cielo Cristo vuole ispirare a noi umani fatti di cielo e di terra. C’è quella espressione molto bella che papa Francesco utilizza e in cui descrive una delle caratteristiche del Padre, dicendo che egli agisce con noi con combattiva tenerezza: con combattiva tenerezza, con lucida determinazione Gesù ama fino in fondo anche se spesso i discepoli faticano a sintonizzarsi sul suo modo di volere bene, persino i suoi familiari; Marco è quello che in modo più spietato ci testimonia che anche i familiari più intimi di Cristo non seppero capire. Quindi vale la pena ricordarci che Gesù ha vissuto la fatica di farsi capire anche dai più intimi.

Questa pagina spesso è ricordata come la pagina della moltiplicazione dei pani, ma è preferibile parlare della pagina dei pani spezzati, perché la parola moltiplicazione nel testo non c’è, perché la logica di moltiplicarci è vero che è iniziativa di Dio, però forse, nei nostri ritmi frenetici di cose da fare, moltiplicare un po’ ci spaventa. Invece spezzare, condividere quello che abbiamo e credere che il Signore poi possa darne a tutti e in abbondanza è l’approccio, mi pare, a cui siamo più invitati a sintonizzarci rispetto a questa scena evangelica. Allora, il Signore aveva proposto ai suoi di riposarsi un po’, questo è l’antefatto del Vangelo di Marco, i dodici sono andati in missione e tornano stanchi, molto contenti e Gesù gli propone: venite a riposarvi un po’, stiamo insieme. Salgono sulla barca, ma ecco arrivati ad approdare all’altra riva, la folla li ha cercati, non vogliono mollare quell’uomo così straordinario che è segno di una provvidenza che viene dall’alto. E di fatto Gesù trova questa compassione: quindi offre loro prima il cibo della parola e poi, aiutato dal bisogno dei discepoli, questi si avvicinano a Gesù dicendo: tutto bello! Certo il programma doveva essere un po’ diverso, ci avevi proposto qualche ora fuori porta per riposarci un po’; va bene, non ce la fai a non prenderti cura di questi uomini e di queste donne, però si è fatto tardi, rimandali a casa perché possano provvedere a mangiare, perché comprino qualcosa; siamo in un luogo deserto.

E Gesù fa questa proposta disarmante: “date loro voi stessi da mangiare”. In italiano possiamo permetterci il lusso di trasfigurare questo versetto e intendere che quel: “date loro voi stessi da mangiare” possa fare riferimento prima di tutto a una scommessa personale. Siate voi, mettetevi in gioco, mettete in gioco la vostra vita; date loro voi stessi da mangiare. I discepoli denunciano l’impossibilità di poter provvedere a questa lista, perché mancano le risorse. Duecento denari di pane, arrivano subito ad entrare nel merito.

La domanda di Gesù non è quanti pani ti mancano? Ma quanti pani avete? Noi spesso partiamo da quello che ci manca, noi siamo bravissimi a fare calcoli. A inizio anno sociale tutto quello che ci manca: i collaboratori, i soldi, le strutture, il tempo, la mancanza di idee, la fatica di un nuovo inizio; tutto quello che ci manca! Gesù non chiede: quanti pani vi mancano? Chiede: quanti pani avete? Abbiamo una letteratura sterminata rispetto a tutto quello che ci manca. Di fronte alla mancanza noi siamo sembra come di fronte a un bivio, cosa fai della mancanza? Un grembo, un vuoto da colmare per grazia di Dio e partecipazione cordiale della tua libertà e ti è richiesto di condividere quello che hai, quello che avete. Oppure ti affossi da solo, ti inchiodi a queste letture che pensi neutrali: ma è oggettivo che ci manca questo, quello e quest’altro.

Le nostre diagnosi spesso, pur se necessarie, diventano delle sentenze che danno forma alla realtà, il nostro sguardo incide sulla costruzione della realtà. Un giudizio non è mai neutrale: o è per la condanna o è per la salvezza, non ci si può lavar le mani. Non esiste la neutralità: di questi dati che cosa ne fai? Gli economisti, e poi questa categoria è stata ripresa anche dagli psicologi oltre che dalle neuro-scienze, parlano della profezia che si auto-avvera: se tu fai certe diagnosi, quelle diagnosi determinano la tua realtà.